Ricordare a voi oggi, in occasione del quarantesimo anniversario della fondazione del Club del Levriero, il Barone Piero Renai della Rena, come di un bene che ci è stato irrimediabilmente tolto, è compito arduo.
Niente di quanto si è rispettato, ammirato o semplicemente voluto bene è per me perduto: l'aver conosciuto Piero va a sommarsi a quel patrimonio di ricchezza spirituale che ci permette di superare il senso di perdita in virtù della speranza.
Piero, non solo è vivo e presente ma rimane per me un'icona di stile, come quando l'ho incontrato per la prima volta, gioviale ed argutamente toscano, giovane di una giovinezza spirituale ed interiore che era per lui uno stato di grazia e che gli anni non hanno mai alterato, anche quando le avversità della vita hanno avuto il sopravvento, senza però avere la meglio su di lui trasformandolo ed inaridendolo.
Nel suo volto traspariva il suo essere gentile eppur forte, sensibile eppur fondamentalmente sereno, profondamente intelligente ed intuitivo e così disarmante nella sua semplicità. In questa epoca di permissività verso sé stessi e di astio verso tutti gli altri, Piero era indulgente verso le manchevolezze altrui ma intransigente verso sé stesso, tanto da costituire un raro esempio di antica virtù disinteressatamente e spontaneamente offerta da non apparire più tale.
Profondo estimatore del Whippet, che ha allevato con l'affisso “di Farneto” per due decadi, Piero considerava i rappresentanti della razza come piccoli purosangue e li valutava tenendo ben chiari nella sua mente i principi di fisica applicati per giudicare una macchina da corsa, come può essere un cavallo da competizione.
E' stato uno dei fondatori del “Club del Levriero”, ricoprendo la carica di Presidente dal 1979 fino al 1988, poi è stato eletto Presidente Onorario fino alla sua scomparsa.
Uno dei veri pionieri nelle attività sportive, Piero ha aperto la strada ad altri appassionati ed è stato fra i responsabili nel gettare le basi per la popolarità dell'attività di lavoro della razza durante gli anni settanta.
Pur professionalmente esperto, giudicava in Italia ed all'estero sempre con molto entusiasmo, non ha mai perduto quello spirito generosamente sportivo senza il quale la competizione si trasforma in gretta ed astiosa rivalità.
Nel nostro ultimo incontro, quando le sue condizioni fisiche erano pesantemente minate, non mi ha fatto pesare il suo stato, ma mi ha chiesto notizie di quel mondo che, forzatamente, aveva dovuto abbandonare. Seguendomi mentre stavo per lasciarlo, i suoi occhi, sempre vispi ed indagatori, sembravano chiedere di non dimenticarlo. No, non ti dimenticheremo, grazie per essere stato nostro amico e maestro!